La “Certificazione” della parità di genere

La “Certificazione” della parità di genere

L’Unione Europea, nel marzo del 2020, ha predisposto il documento “Un’Unione dell’uguaglianza: la strategia per la parità di genere 2020-2025” definendo obiettivi politici e azioni chiave per raggiungere la parità di genere entro il 2025. La strategia prevede la realizzazione di misure specifiche volte a conseguire la parità di genere, combinate a una maggior integrazione della dimensione di genere “inserendo sistematicamente una prospettiva di genere in ogni fase dell’elaborazione delle politiche in tutti i settori di azione dell’UE, sia interni che esterni”

In questo contesto nasce La Certificazione della Parità di Genere che fa parte delle misure che il Governo ha inserito nel #PNRR – Missione 5 – «Inclusione e Coesione», tra le politiche per il lavoro. Il 16 marzo è stato siglato il documento con la Prassi di Riferimento UNI/PdR 125:2022, entrato in G.U. n. 152 il 1° luglio 2022, che definisce criteri, prescrizioni tecniche ed elementi funzionali alla Certificazione di Genere.

La misura ha lo scopo di assicurare una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro e ridurre il gender pay gap attraverso la creazione di un sistema nazionale di certificazione della parità di genere, che sia in grado di migliorare le condizioni di lavoro delle donne anche in termini qualitativi, di remunerazione e di ruolo e promuovere la trasparenza sui processi lavorativi nelle imprese.

Si legge nella parte iniziale delle linee guida del documento PdR 125:2022:  “Secondo l’ultimo rapporto sulla parità di genere del World Economic Forum (WEF, 2021), nessun Paese al mondo ha colmato i divari di genere. I Paesi più avanzati in tema di parità di genere (Islanda, Finlandia, Norvegia, Svezia) hanno chiuso un po’ più dell’80% del divario. Considerando la parità di genere attraverso quattro dimensioni – economia, istruzione, salute e politica, il WEF stima che nel mondo si è chiuso il 96% del divario in salute, il 95% del divario in istruzione, il 58% del divario in opportunità e partecipazione economica e solo il 22% del divario in politica e rappresentanza. In questa classifica globale, che copre 156 Paesi, l’Italia si posiziona al 63esimo posto e, se restringiamo l’attenzione alla sola componente economica, al 114esimo”

Il documento esprime un concetto molto semplice: “gli obiettivi aziendali dovranno convergere con un ambiente di lavoro inclusivo delle diversità nonché sulla responsabilità sociale delle organizzazioni”.

Il documento, al fine di garantire una misurazione olistica del livello di maturità dell’organizzazione ha individuato 6  Aree di indicatori:

  1. Cultura e strategia (5.2);
    2. Governance (5.3);
    3. Processi HR (5.4);
    4. Opportunità di crescita in azienda neutrali per genere (5.5);
    5. Equità remunerativa per genere (5.6);
    6. Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro (5.7).

Ogni Area è contraddistinta da un peso % (fatto 100 il totale del peso delle differenti Aree) che contribuisce alla misurazione del livello as-is dell’organizzazione e rispetto al quale sono misurati gli stati di avanzamento costanti nel tempo.

Sono state identificate 4 fasce o cluster attraverso cui classificare le organizzazioni (private, pubbliche, enti, ecc.). ed in base al numero di addetti.

A fronte della classificazione in una delle 4 fasce si definisce il set degli indicatori considerati presidi target in tema di diversità.

È previsto il raggiungimento dello score minimo del 60% per determinare l’accesso alla certificazione da parte dell’ente.

In Italia sono attualmente 4 gli organismi accreditati per certificare secondo la UNI/PdR 125-2022.

Le aziende dovranno dimostrare :

  • Di monitorare i KPI;
  • Di avere un budget dedicato alle iniziative sulla parità di genere;
  • Di avere un report sul monitoraggio di situazioni non conformi;
  • Di avere piani formativi su parità di genere e un sistema di gestione relativo;
  • Di avere politiche aggiornate;
  • Di avere un piano strategico aggiornato;
  • Di coinvolgere stakeholder ;
  • Di diffondere la cultura della parità di genere sia all’esterno che all’interno dell’organizzazione.

Il Governo ha destinato 10 milioni di euro attribuendo alle aziende virtuose una riduzione dei contributi dell’1% fino ad un massimo di 50 mila euro l’anno.

Forse si poteva fare di più, ma è un inizio per provare ad invertire la rotta sul ritardo della partecipazione femminile in diversi ambiti e sulle differenze retributive tra i generi.

Siamo fiduciosi!

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